#32

 

MOMENTI DI TENSIONE

Di Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

Nella sua lotta al terrorismo per la difesa della pace mondiale, lo S.H.I.E.L.D. spesso e volentieri confisca armi di distruzione di massa. Queste vengono poi rinchiuse in magazzini la cui ubicazione è conosciuta a pochissimi, e che sono più sorvegliati dell’oro di Fort Knox.

È praticamente impossibile assalire queste basi dall’esterno, per questo motivo una cellula dell’A.I.D. – Avanzate Idee di Distruzione – aveva infiltrato numerosi uomini nello S.H.I.E.L.D. per riuscire a risalire all’ubicazione di questa base, situata in un’isola disabitata al largo delle coste del Massachusetts, e permettere ad un commando armato di penetrarne le difese.

L’obiettivo degli incursori era impadronirsi di un preparato chimico sintetico e molto raro.

Nel mondo dello spionaggio, però, avere delle serpi in seno è un rischio di cui devi tener conto e Nick Fury non era uno sprovveduto: dal 1942 ad oggi il valoroso colonnello aveva avuto a che fare in più di un’occasione con traditori e doppiogiochisti. Era dunque preparato ad un’evenienza del genere e lui stesso aveva un infiltrato nelle file dell’A.I.D. che lo aveva avvertito dell’imminente raid, per questo motivo aveva allertato la sua squadra speciale segreta guidata dall’impavido Steve Rogers (colui che in pochi sapevano essere l’originale Capitan America). Coloro che rispondevano al nome di Vendicatori Segreti erano quindi già sul posto per respingere l’assalto dell’A.I.D. camuffati da normali agenti o membri del personale amministrativo.

L’informatore di Fury non aveva potuto essere preciso sul momento e sulle modalità dell’incursione e così il personale della base, pur aspettandosi qualcosa, era stato comunque preso di sorpresa.

La fondatrice dell’A.I.D., la Dottoressa Monica Rappaccini, aveva imparato dagli errori dell’A.I.M.[1] e dotato la sua organizzazione di squadre di commandos composte da mercenari altamente qualificati in ogni forma di combattimento. 

La squadra inviata nella base segreta era riuscita ad eludere i sofisticatissimi sistemi di sicurezza dello S.H.I.E.L.D. ed entrare indisturbata.

L’assalto era stato rapido ed efficiente. In pochi minuti la base era caduta nelle mani degli assalitori nonostante la strenua difesa dei legittimi occupanti. I superstiti del breve scontro erano stati radunati in un grande salone e tenuti sotto mira dagli assalitori.

<Non perdiamo tempo> disse il capo missione del commando dell’A.I.D. <Prendiamo quello per cui siamo venuti e filiamocela prima che arrivino i rinforzi. Secondo le stime abbiamo circa quindici minuti.>

<Non ve la caverete.> disse un uomo sulla cinquantina dai capelli e baffi castani e le tempie imbiancate che vestiva un sobrio completo doppiopetto scuro <Lo S.H.I.E.L.D. vi darà la caccia dovunque ed alla fine vi prenderà.>

<E tu chi saresti, sapientone?> lo apostrofò uno degli uomini armati sventolandogli il suo mitra sotto il naso.

Senza perdere la sua compostezza, l’uomo rispose:

<Supervisore William Burnside , ruolo ispettivo dello S.H.I.E.L.D. in visita di controllo con la mia assistente.>

Accennò col capo ad una giovane donna bionda che vestiva una camicetta bianca, gonna blu con calze nere.

<Uno stupido burocrate.> disse l’uomo armato con evidente disprezzo <Li odio quelli come voi. Dimmi, signor ispettore, perché non dovrei spararti adesso?>

<Beh… tanto per cominciare…> iniziò a dire Burnside toccando il suo orologio in quello che sembrava un tic nervoso <… non è mai consigliabile uccidere un ostaggio…>

Qualcosa di invisibile colpi il mercenario scagliandolo lontano mentre il presunto burocrate continuava:

<… non si sa mai quali reazioni si possono scatenare.>

Quasi contemporaneamente la ragazza bionda scattò e sferrò un calcio all’inguine dello sgherro più vicino a lei ed al tempo stesso sparò contro un altro una scarica di qualcosa dal bracciale al suo polso destro. L’uomo crollò svenuto.

Gli altri uomini dell’A.I.D. spararono senza esitazione contro i due ribelli ma i loro colpi furono deviati da un campo di forza a forma di scudo circolare che si estendeva dal polso destro dell’uomo che aveva detto di chiamarsi Burnside.

Quest’ultimo, con un’agilità insospettabile in uno della sua età apparente, spiccò un balzo , fece un doppio salto mortale evitando altri colpi dei suoi avversari e piombò loro addosso per poi stenderli usando calci e pugni. Alla fine si guardò intorno e si rivolse alla donna bionda che aveva appena abbattuto l’ultimo mercenario rimasto:

<Bel lavoro, Vedova.>

<Ordinaria amministrazione, Comandante.> si schermì lei.

Cominciò a spogliarsi rivelando che sotto i vestiti portava un’attillatissima calzamaglia nera che le lasciava scoperta la zona dell’ombelico.

Anche il suo compagno si era tolto i vestiti rivelando al di sotto una tuta azzurra dalle bordature bianche e una stella bianca al centro. Si sfilò anche la realistica maschera che ne aveva celato le reali fattezze: quelle di un uomo biondo e giovane dal ciuffo un po’ ribelle.

Si rivolse agli ex prigionieri dicendo loro:

<Armatevi e state pronti ad affrontare gli aggressori.>

<Voi… chi siete?> chiese uno degli addetti della base.

<Amici inviati ad aiutarvi.>

<E come pensate di farcela in due?>

La porta del locale si aprì improvvisamente e sul vano apparve un uomo dai capelli castani che indossava una tuta scura ed una mascherina domino sul viso, il braccio sinistro era rivestito, o forse, semplicemente, era, di metallo.

L’uomo biondo sorrise vedendolo e ribatté:

<Non ho mai detto che eravamo solo due.>

Si rivolse ai suoi compagni e disse:

<Muoviamoci.>

Si a misero a correre lungo il corridoio e uno degli uomini dello S.H.I.E.L.D. rimasti indietro disse:

<Sembrano gente in gamba.>

<La ragazza era la Vedova Nera?> ribatté un altro <Credevo fosse rossa, più vecchia e incinta.>

<Con le spie non si è mai certi di nulla.>

 

 

Pochi istanti prima.

 

James Buchanan Barnes, Bucky per gli amici, era stato addestrato dai migliori e se non voleva essere visto, nessuno lo avrebbe fatto.

 Negli anni in cui, dopo essere stato sottoposto a lavaggio del cervello, i Sovietici lo avevano impiegato come assassino era divenuto una vera leggenda: il Soldato d’Inverno, capace di arrivarti alle spalle, ucciderti e sparire ancor prima che tu abbia esalato l’ultimo respiro.

Uno degli uomini dell’A.I.D. di guardia ai prigionieri del raid da poco avvenuto ebbe appena il tempo di sentire un lieve dolore alla base del collo prima di crollare svenuto. Il suo compagno si voltò di scatto e si ritrovò la carotide stretta in una morsa ferrea. Impossibilitato anche a gridare non poté che guardare gli occhi freddi del suo avversario mentre il mancato afflusso di sangue al cervello gli faceva perdere i sensi.

Bucky contemplò i due uomini esanimi ai suoi piedi. Un tempo neanche troppo lontano li avrebbe uccisi senza rimorso ma questo a Steve Rogers non sarebbe piaciuto.

Lasciò perdere quei pensieri e si concentrò sul suo compito successivo. Da quel che sentiva, Steve e Yelena stavano cavandosela bene, non c’era da dubitare.

Senza esitare il Soldato d’Inverno aprì la pesante porta.

 

 

In un’altra ala del magazzino. Adesso.

 

Non tutti i prigionieri erano stati radunati nello stesso posto. Un piccolo gruppo era stato portato in una stanza vicina. Tra loro una ragazza dai capelli neri raccolti a coda di cavallo che indossava un classico camice bianco da laboratorio ed un giovanotto con indosso la tipica divisa dello S.H.I.E.L.D. che dimostrava poco più di vent’anni dai capelli e occhi castani.

Improvvisamente udirono una serie di spari.

<È il segnale. Muoviamoci!> gridò la donna e sferrò un calcio rotante al mercenario più vicino.

I pochi uomini di guardia furono presi completamente di sorpresa e stesi quasi prima di abbozzare una reazione.

<È stato anche troppo facile.> così dicendo, la donna dai capelli corvini si tolse gli occhiali e il camice rivelando un fisico statuario coperto solo da una tuta rossa tanto aderente quanto scollata.

<Sai, ti donavano quegli occhiali, Donna Maria> osservò l’uomo chiamato Nomad sbarazzandosi della divisa ed indossando la sua maschera e il giubbotto blu imbottito di kevlar <ti davano quel tocco da “segretaria sexy”>

<Davvero? Ti ringrazio Jack, me ne procurerò un paio.> disse la ragazza sorridendo.

<Il resto di quei bastardi si è diretto verso il laboratorio di chimica. Seguiamoli!>

Si lanciarono all’inseguimento. I terroristi però li videro arrivare e spararono nella loro direzione.

<Bastardi dal grilletto facile, come temevo...> sbuffò Nomad.

<Steve, sono Donna Maria. Io e Jack abbiamo trovato alcuni di loro. Sono ai laboratori.>

<<Tenete duro, sto arrivando.>>

<Abbiamo quello per cui siamo venuti. Andiamo!> gridò uno degli uomini dell’A.I.D.

<Ricevuto. Fuoco di copertura.> così dicendo, uno degli altri premette un pulsante di un minuscolo telecomando e innescò delle esplosioni a catena nel laboratorio.

<Si dirigono verso l’hangar! Vogliono fuggire! Non dobbiamo permetterglielo!> ordinò Steve Rogers che, incurante delle fiamme, seguì il gruppetto armato.

<Steve! Non andare da solo!> urlò Donna Maria.

<Non preoccuparti, gli vado dietro!> disse Nomad, correndo dietro al suo comandante.

Lo trovò dietro una cassa, con lo scudo energetico attivato, a ripararsi dagli spari dei terroristi, che stavano salendo a bordo di una navetta.

<Jack. Sta giù!> disse Steve.

<Quei bastardi stanno fuggendo!> esclamò Nomad <Posso impedirglielo, guarda cos’ho preso a uno di loro: gli farò assaggiare la loro stessa medicina...> Jack aveva un potente fucile laser con il quale stava puntando al serbatoio del jet.

Steve intuì immediatamente il suo piano.

<Jack no! Non sparare!> abbassò la canna del suo fucile, deviandone il tiro.

<Steve, no! Così scapperanno!>

<Avresti provocato un’esplosione tale da ucciderli tutti. Niente vittime inutili.>

<”Vittime inutili”? Sono fuggiti! Hanno compiuto la loro missione! Siamo venuti per niente!>

<Abbiamo dei prigionieri da interrogare. Possiamo scoprire i loro piani e quanti altri infiltrati hanno nello S.H.I.EL.D. Non è stato un fiasco, noi...>

<Abbiamo fallito! Se ne sono andati! L’hanno fatta franca!> disse Nomad, seccato <Avevo un tiro pulito, li avremmo fermati! Ma tu non hai voluto “fare vittime inutili”!>

<Non ora Nomad...>

<No Steve, adesso! È da troppo che rimando questa discussione!>

<Ho detto non ora Jack! Ne riparliamo alla base!>

<Basta, calmatevi adesso. Non qui Jack.> disse il Soldato d’Inverno, giunto lì per interrompere la lite.

Donna Maria e Yelena rimasero in silenzio, in evidente imbarazzo per la lite tra i loro compagni.

<Andiamo via di qui...> disse Nomad, imprecando e calciando via un pezzo di maceria per sfogare la rabbia.

 

 

Mosca, Sede della Kronas Inc.

 

Quando l’attraente donna dai capelli d’argento entrò nel suo ufficio Aleksandr Vassilievitch Lukin fece un largo sorriso ed andò verso di lei tendendole la mano.

<Mia cara Silver…> le disse <… è sempre un piacere rivederti.>

<Anche per me Aleksandr Vassilievitch.> rispose Silver Sable <… anche se…>

<Anche se questa non è una visita di cortesia. Lo vedo dal fatto che indossi la tua tenuta da lavoro e non un elegante abito firmato e perché sei venuta in compagnia dell’ex agente segreto tedesco ed attualmente mercenario chiamato Maverick.>

<Mi ha riconosciuto?> esclamò, sorpreso, l’uomo dai capelli castani vestito con un impeccabile abito scuro che era entrato al fianco di Silver Sable.

Lukin si concesse un sorriso sornione prima di rispondere:

<So molte cose di lei, Christoph Nord, alias David North, alias Maverick. Quando ero un capo sezione del G.R.U. [2] ho avuto modo di visionare il suo corposo dossier e non dimentico mai le cose importanti come la faccia di un possibile nemico.>

<Mi considera un nemico?> chiese North.

<Allora lo era ma i tempi cambiano: io non sono più nell’Esercito e lei non lavora più per la C.I.A., giusto?>

<Giusto.>

<A questo punto, direi che viene spontaneo chiedersi perché due noti mercenari internazionali, uno dei quali è anche un mutante con superpoteri più vecchio di quanto sembra, siano venuti dal Presidente della Kronas. Dubito molto che siate interessati al petrolio o al gas naturale >

A parlare era stata una donna attraente dai capelli neri che indossava un tailleur scuro sotto la cui giacca occhi esperti indovinavano senza problemi la presenza di una pistola. Era appena entrata e Silver Sable la fissò con diffidenza. Nello sguardo di Maverick c’era anche ammirazione.

<Vi presento Yelena Andreievna Brement, Capo della Sicurezza della Kronas. Scusate i suoi modi bruschi.> disse Lukin.

Andò al mobile bar e riempì due bicchieri di vodka che porse agli ospiti. Silver Sable bevette il contenuto del suo tutto d’un fiato e David North si limito a qualche sorso.

Lukin stava per riempirne un terzo quando Yelena Brement disse:

<Non per me, Alek, grazie.>

<Come desideri, Alyona.> replicò Lukin con tranquillità, poi si versò un bicchiere per sé e tornò a voltarsi verso gli ospiti dicendo:

<Allora, esauriti i convenevoli, posso finalmente sapere cosa posso fare per voi?>

<Cosa sai del Soldato d’Inverno?> chiese Silver Sable.

Per un attimo le parve di leggere nel volto di Lukin sconcerto e perfino preoccupazione, ma fu solo un attimo e forse se l’era solo immaginato.

<Il Soldato d’Inverno non esiste, è una leggenda creata ad arte dai servizi segreti sovietici. L’assassino infallibile capace di raggiungerti ovunque, il babau delle spie occidentali.>

<E invece esiste.> ribatté Maverick <Io lo so, l’ho incontrato a Berlino nel 1968 e sono il solo che è sopravvissuto a quell’incontro… per pura fortuna lo ammetto. Aveva già ucciso tutti i membri della mia squadra prima che potessi vederlo. Voglio trovarlo e fargliela pagare.>

<Per questo siamo qui, Alek.> intervenne Sable <So che hai ancora contatti all’interno dei servizi segreti. Puoi aiutarci a rintracciarlo.>

<Capisco.> borbottò Lukin <Ma anche ammesso che sappia davvero qualcosa su questo fantomatico personaggio o conosca qualcuno che lo sa, perché dovrei aiutarvi ?>

<Diciamo in memoria dei vecchi tempi?>

Yelena Brement fece quella che poteva essere una risata sarcastica e Lukin alzò le spalle.

<Vedrò che posso fare.> disse infine <Ti chiamerò entro 24 ore.>

<Ci conto, Alek.>

Una volta usciti, Maverick chiese a Silver Sable:

<Com’è che quel Lukin ha il tuo numero privato e tu lo chiami Alek?>

<È una storia vecchia… e non ti riguarda.>

Maverick capì che non era il caso di indagare oltre.

 

 

Base dei Vendicatori Segreti, New York.

 

La squadra era rientrata; durante il volo di ritorno nessuno aveva aperto bocca, e la tensione che si respirava era quasi palpabile.

Non appena li vide, Amadeus Cho si accorse immediatamente che tirava una brutta aria, e non disse nulla.  Nomad era quello visibilmente più teso.

<Dunque Jack> prese a parlare Steve <ora siamo da soli. Se hai qualcosa da dire, è il momento.>
<Il sarcasmo non ti si addice, Steve. Certo che parlo, è da parecchio che me lo tenevo dentro...>

<Bene, ti ascolto.>

<Non assumere quell’aria da professore, Steve. Non qui, non con me. Ti garantisco che è una cosa seria. Siamo stufi di dover andare in missione contro i peggiori pazzi di questo mondo e dover stare attenti ai modi che usiamo. Come possiamo essere “delicati” contro quei bastardi che cercano di ammazzarci eh?>

<Faccio questo mestiere da molto più tempo di te, Jack, e non ho mai avuto bisogno di ammazzare i miei nemici a meno che non fosse estremamente necessario. E non era questo il caso. La tua vita non era in pericolo, e non vedevo la necessità di ammazzare quei commandos.>

<L’hanno sfangata, Steve. Sono riusciti a fuggire con... qualunque porcheria volessero rubare! E lo hai permesso tu, Steve!>

<Ora stai esagerando Jack.> lo difese Donna Maria <Vuoi dirmi che tu non hai mai sbagliato in missione?>

<Ah certo, ora volete accanirvi su di me: Jack il matto, quello che “andava in giro con una bambina” , quello che va dallo strizzacervelli...>

<Oh Jack, ma davvero credi che pensiamo questo di te?> sospirò Steve <Fra tutti i miei partners, sei quello che sento più vicino: hai ricevuto il siero del supersoldato come me, sei stato ibernato per decenni, risvegliandoti in un’epoca così diversa da quella in cui sei cresciuto, proprio come me. So perfettamente quello che hai passato, fin da quando ti sei presentato alla mia porta, anni fa.[3] So quanto hai sofferto per adattarti a quest’epoca tanto frenetica, ma a volte penso che ti sia adattato al peggio che essa può offrire. La violenza non può essere la risposta ai tuoi problemi. C’erano diversi modi per fermare quegli agenti dell’A.I.D. senza spargimenti di sangue, e se ho una colpa, è quella di non averne trovato uno.>

<Non c’è sempre un modo pacifico per risolvere le cose, Steve. A volte, anzi, il più delle volte, la forza è la soluzione migliore. Anche la russa e Buck sono d’accordo con me.>

Steve guardò verso i diretti interessati.

<È così? È come dice lui? Pure voi pensate che il mio metodo sia sbagliato?> domandò loro.

Yelena era in imbarazzo, ma Bucky rispose per entrambi:

<Ti conosco da prima di chiunque altro, Steve. Ti sei voluto arruolare, ti hanno dato la possibilità di combattere, ti chiamano “supersoldato” ... ma in realtà non lo sei mai stato. Fin dall’inizio, hai fatto a modo tuo. Un soldato esegue gli ordini e non li contesta, tu hai sempre fatto di testa tua, facendo quello che ritenevi giusto. Un soldato elimina il nemico senza esitare, tu pensi ad neutralizzarlo senza danni collaterali. Ed è una cosa che ammiro, che tutti ammiriamo in te, ma tu lo fai sembrare così facile, e invece non lo è quasi mai. Spesso ho gli incubi, se penso agli innocenti che mi hanno ordinato di eliminare, ma davanti un nemico che cerca di uccidermi non ho mai esitato, altrimenti non sarei qui. >

<Immagino che anche tu la pensi così...> chiese Steve ad Yelena.

<Sono la Vedova Nera, Steven. Mi hanno addestrata per anni a non esitare davanti al nemico e di non avere dubbi sulla mia missione.>

<Ma non capite che non può funzionare così? Non capite che entreremmo in un circolo vizioso di violenza? La differenza di metodo è proprio quello che ci distingue dai nostri nemici. Non saremmo migliori di loro, se adottassimo i loro stessi sistemi. Noi combattiamo per qualcosa, difendiamo dei valori. I nemici vanno fermati, non assassinati. È facile premere un grilletto e stroncare una vita. Noi non lavoriamo così. Ci addestriamo per evitare di fare vittime, e abbiamo tutti i mezzi e le qualità per farlo.>

<Steve, ormai è chiaro che solo tu la pensi così. Siamo abituati ad altri metodi, e vogliamo tornare a quelli. Anche Sharon la vedeva in altro modo.>

<Ed è per questo che è stata espulsa, Jack.>

<Forse hai sbagliato a farlo.>

<No, invece.> rispose Steve risoluto <Siamo i Vendicatori, segreti o meno, e i Vendicatori non uccidono. Se non siete disposti ad accettarlo, non potete far parte della squadra.>

<Steve, non volevo arrivare a tanto.> disse Bucky <Tu hai messo su questa squadra per causa mia, e non sarò io a...>

<No Buck, non hai alcun debito con me. Avresti fatto lo stesso per me. Ma se non ti senti di accettare le mie regole, non sei obbligato a restare. Nessuno di voi lo è.>

Nessuno fiatò.

<Facciamo così> riprese Steve <Prendetevi alcuni giorni per pensarci. Con calma, senza alcuna fretta. Se credete di poter rivedere la vostra decisione sui metodi della lotta al terrorismo, sarete i benvenuti. Altrimenti, ognuno per la propria strada, senza rancore. Perché una cosa è certa, io non intendo mettere in discussione i miei valori e il modo in cui faccio il mio lavoro dal 1940.>

<Dio, sei così... testardo!> sbuffò Nomad <Ti amo come un fratello, Steve, lo sai. Questo non è né sarà mai in discussione, ma sei troppo rigido. Sì, ho bisogno di una pausa.  Io...  ho bisogno di stare per conto mio.>

Così dicendo voltò le spalle a tutti e si allontanò.

<Steve, io...>

<No Buck, va anche tu. Tu e Yelena, prendetevi del tempo per riflettere. Schiaritevi le idee. È una decisione che non potete prendere a caldo.>

James Buchanan Barnes non seppe rispondergli. Yelena gli strinse la mano, come gesto d’affetto.

<Andate, tutti quanti. Tornate solo se avete le idee chiare.>

<Io rimango. Non ho dubbi , su di te o sulla missione.> gli disse Donna Maria.

<Uh… rimango anche io. Insomma, non vado sul campo, dunque non sono coinvolto.> le fece coro Amadeus.

Steve osservò Bucky e Yelena uscire. L’espressione amara sul suo volto era abbastanza eloquente sul suo stato d’animo.

 

 

Manhattan, New York City. 

 

Jack Monroe rientrò nell’appartamento che occupava sotto il nome di Jim Madison e dopo una doccia veloce indossò degli abiti puliti e cominciò a riempire una sacca da viaggio. Non avrebbe voluto discutere con Steve ma lui non gli aveva lasciato altra scelta. Perché doveva essere sempre così ostinato?

Voleva bene a Steve. Aveva fatto tanto per lui, fin da quando lo avevano risvegliato in quest’epoca e guarito dalla sua paranoia. Gli aveva dato un tetto e uno scopo nella vita. Gli doveva molto, e Steve non gli aveva mai chiesto nulla in cambio. 

Ma col passare del tempo avevano preso strade separate. I loro sistemi nella lotta al crimine erano troppo diversi. Significava che ogni collaborazione tra loro era impossibile?

Meglio non pensarci troppo. Era ora di fare quel viaggetto in Virginia che aveva rimandato per aiutare Priscilla Lyons.[4]

S’infilò l’impermeabile e gli occhiali scuri ed uscì. Inforcò la moto e parti.

 

 
Red Hook, Brooklyn.

 

Nell’appartamento che Steve Rogers gli aveva messo a disposizione anche Bucky Barnes stava facendo le valigie.

<Che intenzioni hai?> gli chiese  Yelena Belova.

<Vorrei prendermi una pausa. Ho bisogno di rinfrescarmi le idee e non posso farlo qui.>

<Ti pesa l’esserti messo contro Rogers?>

<Certo. Lui è stato per me come il fratello maggiore che non ho mai avuto in un momento in cui avevo davvero bisogno di una figura di riferimento. Non avrei mai pensato di scontrarmi con lui.>

<Aveva torto.>

<Davvero? Forse lui vede le cose meglio di noi. È sempre stato così: ha sempre avuto quella sua incrollabile convinzione che in qualunque circostanza ci fosse un modo migliore di fare le cose. Per lui è facile ma per me non lo è mai stato.>

Yelena gli strinse una mano e disse:

<Non ricordo quando è stata l’ultima volta che mi sono presa una vacanza. Forse ero ancora una bambina. Vengo con te, James, se tu mi vuoi.>

Per la prima volta in quella giornata James Buchanan Barnes si lasciò sfuggire un sorriso.

<Ne sarei molto felice.> replicò

<Qualche idea su dove andare?>

<Abbastanza lontano da qui , in qualche posto che non mi faccia pensare a Steve o a mia sorella.>

La sorella di Bucky era morta da poco[5] e questa era la prima volta che lui ne parlava da allora Era solito tenersi tutto dentro. Yelena lo capiva bene: era simile a lui in questo.

<Pensavo a un posto caldo come la Florida o i Caraibi.> continuò Bucky.

<Mi hanno detto che le spiagge di Cuba sono molto belle in questa stagione e ora voi americani potete andarci liberamente.> replicò la giovane Russa.

<Non so… Cuba mi riporta alla mente cose poco piacevoli.>

Yelena poteva immaginare bene quali ma preferì non approfondire invece disse:

<A dove andare possiamo pensarci  più tardi, ora ho un’idea migliore su cosa fare.>

Lo baciò appassionatamente e lo trascinò sul letto.

 

 

Base dei Vendicatori Segreti, Manhattan.

 

Steve era rimasto alla base a riflettere su quanto è successo. La discussione con Jack e i ragazzi l’aveva scosso più di quanto avesse mostrato.

Il mondo sembrava andare in una direzione che Steve non voleva prendere. Questo doveva farlo sembrare agli occhi dei suoi amici un anacronismo vivente... e forse lo era per davvero.

Ma non sarebbe mai tornato sui suoi passi. Voleva bene ai ragazzi, li amava come fratelli, ma erano in torto. Non bisognava mai stroncare una vita, per nessuna ragione, a meno che non fosse la propria  o quella  di altri ad essere a rischio e non ci fossero alternative.

Era una cosa in cui credeva fermamente e su cui mai avrebbe trattato.

Ma cosa ne sarebbe stato della squadra, se loro non lo avessero accettato le sue regole?

Cosa ne sarebbe stato, se si fosse sciolta? Ormai era chiaro che per Steve una vita da civile era impossibile, e che il mondo aveva bisogno del lavoro dei Vendicatori Segreti.

Se Jack, Bucky ed Yelena non fossero tornati indietro, avrebbe dovuto sostituirli?

Mentre rifletteva, Donna Maria arrivò ad abbracciarlo da dietro.

<Ci sei rimasto male, non è vero?>

<Non te lo nascondo. Anni fa ebbi una discussione simile coi Vendicatori[6]...  purtroppo Jack e gli altri non capiscono che sparare e uccidere è la via più rapida e semplice nella lotta al crimine e al terrorismo, ma non è quella giusta. Tutto il sistema e la società che ci battiamo per proteggere poggia su degli ideali che non sono disposto a mollare solo perché il nemico mi vuole far scendere al suo livello. Purtroppo loro credono invece che...>

<Ssssh, basta Steve, ti prego> disse Donna Maria <questa cosa finirà col divorarti dentro. Si sente che ti fa soffrire. Vedrai che capiranno e torneranno indietro. E se non lo faranno beh... sono loro che ci perdono, Steve. Significa che non hanno capito in pieno che uomo meraviglioso tu sei.>

Steve la bacio affettuosamente.

<Sei unica, Donna Maria Puentes.>

<Unica e affamata. Che ne dici di toglierti quel muso lungo, indossare una bella camicia bianca e portarmi a cena fuori?>

Steve sorrise e la prese in braccio, suscitandole ilarità.

<Ogni suo desiderio è un ordine, principessa!>

Appena Steve e Maria furono usciti Amadeus tornò al suo computer e riguardò ancora i dati che aveva raccolto. Aveva ricontrollato più e più volte ma i risultati erano sempre gli stessi: i suoi genitori non erano stati uccisi durante la cosiddetta Guerra de Mondi. Non erano vittime di un’invasione aliena fallita, qualcuno li aveva assassinati ed aveva coperto le sue tracce ma chi e perché? Queste domande restavano ancora senza risposte ma lui era determinato a trovarle.

 

 

Un jet privato in volo tra Mosca e New York.

 

Seduto in una comoda poltrona, Aleksandr Vassilievitch Lukin ponderava la sua prossima mossa. In realtà non aveva avuto molto da riflettere.

Né Maverick né Silver Sable potevano immaginare che era stato lui a riattivare il Soldato d’Inverno da decenni di animazione sospesa[7] e men che meno che fosse sfuggito al suo controllo ed ora collaborasse con lo S.H.I.E.L.D. all’interno di una squadra guidata nientemeno che dall’originale Capitan America da tutti creduto morto.  L’idea di creargli dei problemi grazie al mercenario tedesco lo solleticava non poco. Che aveva da perdere?

Compose un numero sul suo cellulare e quando sentì rispondere una voce di donna disse:

<Silver, mia cara, ho delle interessanti informazioni per te ed il tuo amico.>

<<Dimmi tutto.>> replicò Silver Sable.

<Immagino che tu abbia sentito parlare della Vedova Nera.>

<<Suppongo che tu stia parlando della biondina che il tuo governo ha nominato al posto della Romanova.>>

Lukin fece un mezzo sorriso ed aggiunse:

<Sapevo che eri una ragazza sveglia, Silver. Sì, alludevo proprio a lei. Le mie fonti mi dicono che si trova a New York in compagnia di un uomo che sembra proprio quello che stai cercando.>

<<Allora la troverò.>> fu la secca risposta .

Finita la conversazione Lukin si appoggiò allo schienale della poltrona con aria soddisfatta.

 

 

Un ristorante di Manhattan.

 

Steve Rogers e Maria Puentes stavano cenando in piccolo ristorante centramericano del quartiere di Spanish Harlem. Era stata un’idea della giovane donna per distrarre il suo compagno dai suoi cupi pensieri ma a giudicare dall’espressione di Steve non stava funzionando.

<Mio cugino è fuori città per qualche giorno e mi ha lasciato la chiave del suo appartamento. Potremmo andare lì e…>

La ragazza lasciò la frase in sospeso ma prima che Steve potesse dire qualcosa, scattò un allarme nel cellulare di Steve. Era il suono familiare di una chiamata speciale di Nick Fury. Steve si infilò un auricolare e sospirando anche Maria fece lo stesso.

<Ciao Nick.> disse in tono casuale Steve. Gli altri avventori del locale dovevano credere che fosse una normale conversazione telefonica tra amici

<<Verrò subito al sodo, Rogers.>> disse Fury mentre il suo volto appariva sul display del telefono <<La nostra amichetta infiltrata nell’A.I.D. mi ha appena mandato nuove informazioni su una nuova azione terroristica di quei bastardi.>> si riferiva a Scorpia, la figlia di Monica Rappaccini, che in realtà era un agente infiltrato dello S.H.I.E.L.D., come Steve aveva scoperto solo di recente[8] <<A quanto pare si appresterebbero  ad assalire un laboratorio nell’Upstate. New York. Tu e La tua squadra siete i più vicini e so che hai dei conti da regolare con l’A.I.D.>>

Il problema, pensò Steve, è che non esisteva più alcuna squadra: c’erano solo lui e Donna Maria, tuttavia non c’era scelta.

<Accetto.> disse con voce cupa.

 

Ambasciata simkaryana all’ONU, New York.

 

Silver Sable e la sua squadra godevano di uno status unico o quasi. Pur essendo tecnicamente un’organizzazione privata, infatti, il Branco Selvaggio godeva di una limitata immunità diplomatica ed a Silver Sable stessa era stato concesso un rango parificato a quello di ambasciatore e l’uso di un appartamento privato nel palazzo che ospitava la missione diplomatica della piccola nazione mitteleuropea presso le Nazioni Unite.

Era qui che lei e Maverick stavano esaminando i filmati dei video di sorveglianza degli aeroporti di New York e dintorni.

<Non credevo che ci saresti riuscita così in fretta.> commentò il mercenario tedesco.

<Conosco hacker molto in gamba.> ribatté Silver <Valgono  tutti i soldi che li pago.>

<Meglio così, ma come troveremo i nostri amici? Io non ho mai visto il Soldato d’Inverno senza maschera e che io sappia, non esistono foto della nuova Vedova Nera.>

<Che tu sappia, appunto, ma io…>

<Paghi ottimi hacker  e hai anche molte amicizie in alto loco, l’ho capito.>

<Zitto!>

<Non credevo di aver detto qualcosa di sbagliato.>

<L’ho trovata!> annunciò Sable allargando l’immagine sullo schermo: quella di una giovane donna bionda in compagnia di un uomo atletico dai capelli castani.

<David, ti presento Yelena Belova, la Vedova Nera ufficiale del Governo Russo.>

<E quello con lei è il bastardo che sto cercando, ci scommetto quello che vuoi.> replicò David North <Se solo sapessimo dove stanno andando.>

<Dall’ora del video e dal cancello d’imbarco non dovrebbe essere troppo difficile scoprirlo.>

Una caccia durata decenni stava finalmente per finire.

 

 

Un laboratorio chimico vicino al confine col Canada.

 

Quando il Quinjet arrivò sul posto era ormai troppo tardi, Steve lo capì subito. Parcheggiato il Quinjet a distanza di sicurezza lui e Donna Maria si avvicinarono furtivamente e, sdraiati nell’erba, spiarono la zona con potenti binocoli.

<C’è qualcosa che non mi convince.> disse Steve preoccupato <Quelle non sono le divise nere dell’A.I.D. ma sono verdi e mi ricordano quelle dell’Hydra.>

<Credi che possano essersi alleati?> chiese Maria.

<Lo escluderei. Non sarebbe nello stile della Rappaccini e nemmeno in quello di Strucker direi. E poi quelle non sono davvero divise dell’Hydra. Sembra che Fury e la sua informatrice si siano sbagliati, il che è un’altra stranezza.>

<Che intendi fare?>

<Quello che siamo venuti a fare: impediremo a quei criminali di portare a termine i loro piani e libereremo chiunque tengano in ostaggio.>

Detta da Steve sembrava davvero una cosa facile pensò Maria. Quando lui si mosse verso l’edificio, lei lo seguì senza esitare.

Si mossero verso il laboratorio senza far rumore. La vista acuta di Steve si mise a scrutare chi, tra le guardie, potesse avere la sua taglia e la sua statura. Appena trovato il candidato ideale gli si avvicinò di soppiatto e, prendendolo di sorpresa, lo privò dei sensi senza attirare l’attenzione di nessuno.

Gli tolse l’uniforme e la indossò sopra la sua, poi, dopo averne occultato il corpo, si addentrò nell’edificio.

Donna Maria lo seguì.

<Tu cerca di investigare senza farti vedere. Io mi mescolerò agli agenti cercando di ricavare qualche informazione. Fa attenzione, mi raccomando.> così dicendo, i due si separarono.

Steve cercò di non dare nell’occhio, seguendo alcuni degli agenti che si stavano dirigendo verso un ampio salone.

Il cuore di Steve si raggelò quando vide chi era al comando di quel gruppo...  una donna che lui conosceva bene. Vestita in pelle, con una vaga aria sadomaso, capelli a caschetto tinti di verde e uno sguardo che era in grado di terrorizzare il demonio.

<Viper...>

 

 

Florida.

 

 Nel frattempo, a Miami, Bucky Barnes e Yelena Belova erano alle prese con qualcosa a cui s’erano disabituati: il relax.

Avevano optato per la Florida ricordando quanto Jack Monroe gliene aveva parlato in toni entusiastici.

Dopo anni passati tra una missione e l’altra, finalmente la coppia aveva finalmente del tempo tutto per loro da dedicare agli hobbies e a oziare.

Mentre la bionda russa si spalmava la crema solare, osservava il proprio compagno che prendeva il sole sulla sdraio:

<Sai, ancora non mi capacito di come quel simulatore d’immagini renda quel braccio di metallo perfettamente uguale ad uno vero.>

<Si è vero, è un ologramma convincente. Inoltre quando lo attivo alza la temperatura in modo da avvicinarsi a quella corporea. Un idea di Amadeus Cho. Quel ragazzo ha un cervello straordinario.>

<Puoi ben dirlo. Ma dimmi, cos’hai?>

<Non mi sento a mio agio, qui al sole. Così... esposto. Non ci sono abituato.>

Lei sorrise.

<Si, dev’essere un’esperienza nuova per un uomo che si fa chiamare “Soldato d’INVERNO” e che è solito agire nell’ombra... ma è così che vivono le persone normali. Cerca di farci l’abitudine.>

<Vado a prenderci da bere ok?> sorrise di rimando lui, mettendosi una camicia e recandosi verso il bancone del bar.

Si sentiva osservato, e la cosa lo infastidiva, ma in breve si convinse di essere paranoico, proprio come gli aveva fatto notare Yelena, e cercò di non prestare attenzione a quella sensazione.

Qualcuno però lo stava effettivamente tenendo d’occhio.

<Dici che ci ha notati?>

<Sembra nervoso, ma no, non credo.>

Silver Sable e Maverick erano seduti ad un tavolino che dava sulla stessa spiaggia, abbastanza vicini da poterlo osservare ma non tanto da farsi scoprire.

<Non ci posso credere ... ma è davvero lui. Uguale a quel giorno, invecchiato sì e no di pochi anni...> disse il tedesco.

<Deve aver fatto la tua stessa cura> lo schernì la ragazza dai capelli d’argento.

<Dopo tanti anni non lo credevo possibile, ma finalmente ho l’occasione di vendicarmi...>

<Sta calmo David. Dobbiamo prenderlo vivo e intascare la taglia ricordi?>

La voglia di impugnare la pistola e sparargli era effettivamente forte, ma Maverick era un professionista con un mucchio d’esperienza, e sapeva che valeva la pena di saper aspettare.

<Finalmente sei mio, figlio di puttana.> mormorò sottovoce, pieno di rancore e rabbia.

 

 

Un laboratorio vicino al confine col Canada.

 

Steve osservava quella donna così pericolosa che non incontrava da tanto tempo. Da quel che ricordava, era stata data per morta due volte: la prima a Madripoor[9] e la seconda a Hong Kong più di recente.[10] Eppure eccola lì, viva e vegeta, qual era il suo segreto? Non c’era tempo di pensarci  ora. Steve si avvicinò più che poteva. Per fortuna lei non lo aveva mai visto senza la maschera di Capitan America, quindi non correva il rischio di venire riconosciuto anche se fosse stato costretto a togliersi la maschera che stava indossando.

Viper aveva fatto radunare tutto il personale del laboratorio, scienziati e non, nel  salone. Sul pavimento giacevano due uomini presumibilmente morti a giudicare dalla pozza di sangue all’altezza delle loro teste. Steve si sentì ribollire di rabbia. Quella donna era del tutto priva di scrupoli e di sentimenti umani.

Uno dei suoi sgherri si avvicinò a Viper e le disse:

<Abbiamo quello che cercavamo.>

La donna fece un sorriso maligno e commentò:

<Non avevo dubbi che questi codardi ce lo avrebbero consegnato dopo aver avuto il giusto incentivo.>

Si riferiva ai due morti, ovviamente. Ma cosa cercava Viper in un laboratorio chimico? Improvvisamente Steve ebbe un’illuminazione: l’A.I.D. aveva agito per conto di Viper ed il suo scopo era radunare i componenti necessari a… ma cosa stava dicendo Viper?

<Sistemate la bomba e andiamocene.> ordinò la donna <Voglio essere lontana quando questo posto sarà ridotto in  cenere.>

<E noi?> chiese uno degli scienziati.

Viper fece un altro, raggelante, sorriso e rispose:

<Voi? Voi morirete, naturalmente, ma consolatevi: presto saranno in tanti a raggiungervi.>

Quella donna parlava sul  serio, Steve non aveva dubbi. Andava fermata immediatamente.

Improvvisamente, qualcuno diede l’allarme.

<ABBIAMO UNA SPIA! > gridarono, e si udirono rumori di spari.

Qualcuno aveva notato Donna Maria ed ora le davano la caccia cercando di catturarla. La ragazza, ovviamente, cercava di sfuggire ai suoi inseguitori.

<Prendetela viva! Voglio interrogarla!> ordinò Viper.

A questo punto la copertura saltò. Steve si privò dell’uniforme verde e si mise a battersi contro i terroristi, impedendo loro di catturare la sua compagna.

<Ce n’è un altro!>

<Devono essere uomini di Nick Fury!> gridò nuovamente Viper, furiosa.

Per Steve e Donna Maria le cose si mettevano male. Erano in molti solo contro loro due.

Per l’ex Capitan America era una situazione a cui era abituato, ma la bella mora si sentiva mortificata per aver mandato all’aria la missione.

<Steve, mi dispiace, ho incasinato tutto... mi sono fatta beccare.>

<Non biasimarti e concentrati nella lotta, Maria. Vedrai, ne usciremo.>

I suoi muscoli da supersoldato scattavano, eseguendo con rapidità e potenza le mosse da combattimento che conosceva ormai a memoria.

Colpiva con forza e veemenza, senza risparmiarsi. Cercava di farsi un varco tra gli avversari per potersi aprire una via di fuga, ma una scarica neurale colpì alla schiena Donna Maria, mettendola fuori combattimento.

<MARIA!> gridò Steve, spaventato e preoccupato per quanto accaduto alla sua compagna, ma quella distrazione gli fu fatale, in quanto uno dei suoi avversari lo colpì alla nuca!

“Stupido, stupido stupido!” pensò poco prima di perdere l’equilibrio e i sensi “Ti sei distratto come un dilettante! Non svenire vecchio ronzino, non svenire... p-pensa a Maria, pens... *” e poi, fu l’oblio.

Viper si avvicinò al corpo dell’avversario svenuto.

La donna dai capelli verdi gli puntò la sua pistola alla nuca. Stava per sparare poi ci ripensò.

<No.> disse <Questo’uomo non è un comune agente dello S.H.I.E.L.D. è evidente. Potrebbe avere informazioni importanti. Voglio interrogarlo, e solo dopo lo ucciderò.>  

<E la donna ?> chiese uno dei suoi uomini indicando Donna Maria ancora svenuta.

<Di lei non m’importa niente. Non sprecherò neanche una pallottola. Basterà l’esplosione di questo posto ad eliminarla con gli altri.>

Fece legare saldamente Steve e poi ordinò di caricarlo sulla sua aeronave.

In pochi minuti l’operazione fu eseguita. Nel salone rimasero solo gli ostaggi legati e Donna Maria esanime sul pavimento.

Sopra la sua testa un timer segnava inesorabilmente quanto tempo rimaneva loro da vivere.

 

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

Che dire? Poche, semplici, osservazioni:

1)    Chi sia Viper dovreste saperlo. Creata da Stan Lee & Jim Steranko su Captain America Vol. 1° #110 datato febbraio  1969 come Madame Hydra, riapparve come Viper su Captain America Vol. 1° #180 datato dicembre 1974 ad opera di Steve Englehart & Sal Buscema. Il suo vero nome potrebbe essere ma potrebbe anche non essere Ophelia Sarkissian, non possiamo esserne certi.

2)    Viper è  stata apparentemente uccisa dall’agente del MI6 britannico Clive Reston con un colpo di pistola alla fronte su Marvel Knights MIT #3 ma è poi riapparsa su Difensori MIT #20 sostenendo che ad essere stato ucciso era un suo clone. È stata ancora una volta uccisa da Leiko Wu su Marvel Knights MIT #75 ma già al termine di quell’episodio riappariva viva e vegeta. Insomma, non è facile da uccidere.

3)    Per i problemi di Nick Fury e dello S.H.I.E.L.D. vi consigliamo la lettura di Capitan America e Nick Fury MIT.

4)    Noterella finale: William  Burnside, il nome usato da Steve all’inizio della storia è il vero nome del cosiddetto Capitan America degli anni 50, che in quel periodo aveva anche assunto l’alias di Steve Rogers.

Nel prossimo episodio; qualcuno deve salvare Steve Rogers ed aspettate di vedere chi sarà. Inoltre: l’atteso confronto tra Maverick e il Soldato d’Inverno. Come finirà?

 

 

Carlo & Carmelo



[1] Avanzate Idee Meccaniche.

[2] Glavnoye Razvedyvatel'noye Upravleniye. Direzione Principale Informazioni ovvero il servizio segreto militare russo

[3] su Captain America Vol. 1° #282 (in Italia su Capitan America & I Vendicatori,Star Comics, #25).

[4] Negli ultimi due episodi.

[5] Nell’episodio #30.

[6] Nel crossover Operazione Tempesta nella Galassia.

[7] Su the Others #25.

[8] Ovvero nell’ultimo episodio.

[9] Su Marvel Knights #3

[10] Su Marvel Knights #75.